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.... COPERTINA

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15.11.1848, Roma
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24.11.1868, Roma
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2.12.1852 , Francia
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10.12.1846, Hospental
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18.12.1869, Piemonte
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1.1.1839, il Politecnico
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1-9 Gennaio 1848, Milano
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17.01.1859
matrimonio di stato
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27.01.1849
G. Verdi un patriota
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9.2.1831 la rivolta
negli stati della Chiesa
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I martiri di Belfiore
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Marzo 1848:
la primavera dei popoli
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17 marzo 1861:
nascita di uno stato
o di una nazione?
 
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pubblicazione del 18 febbraio 2011
 
Felice Orsini,
dall'attentato alla ghigliottina:

 gli avvenimenti dal 14 gennaio al 13 marzo 1858.
     

Felice Orsini
 
Tra i tanti personaggi storici protagonisti del recente film di Martone "Noi credevamo", vi è  Felice Orsini. Nato nel 1819 a Forlì, quindi suddito papale, figlio di un ex ufficiale napoleonico, carbonaro e spia della polizia pontificia nello stesso tempo, dopo una fanciullezza ed un'adolescenza irrequieta e non facile, lo troviamo protagonista nel biennio 1848-49, quando combatte nella I guerra d'indipendenza  e quando viene eletto deputato all'Assemblea costituente della Repubblica romana. Seguace di Mazzini, partecipa a diversi falliti tentativi insurrezionali progettati dal fondatore della Giovine Italia. Arrestato nel 1854, durante un viaggio clandestino nei territori dell'impero asburgico, è incarcerato nel castello di San Giorgio a Mantova, una delle fortezze del famoso Quadrilatero, da cui riesce ad evadere in maniera rocambolesca. L'evasione  viene subito ripresa dalla stampa europea, anche per l'incidente occorso ai fuggitivi che si tramuta in occasione di scherno verso il proverbiale rigore asburgico. Infatti l'immediata inchiesta ordinata personalmente da Radetzky, oltre alle complicità interne ed esterne al carcere, appura che la carrozza con a bordo Orsini e la sua compagna, l'esule berlinese Emma Siegmund, ha rotto il timone vicino a Cremona,  davanti al posto di polizia austriaco e sono gli stessi gendarmi austriaci a sostituire il timone favorendone la fuga. Riparatosi in Inghilterra, rompe con Mazzini e prepara l'azione che lo renderà famoso: l'attentato a Napoleone III , cui rimproverava d'aver affossato la repubblica romana nel 1849, riportando Pio IX sul trono

Per l'occorrenza progetta  e confeziona cinque bombe con innesco a mercurio fulminante, riempite di chiodi e pezzi di ferro, poi divenute una delle armi più usate negli attentati anarchici, col nome di "Bombe Orsini".
Raggiunta la capitale francese con altri congiurati, tra i quali Pieri,Di Rudio, Gomez, il gruppetto riesce a scagliare tre bombe contro la carrozza dell'imperatore, giunta tra ali di folla all'ingresso dell'opéra di rue Le Peletier. E' il 14 gennaio 1858. L'attentato provoca una carneficina, con 12 morti e 156 feriti, ma Napoleone è protetto dalla carrozza blindata e rimane illeso, così come l'imperatrice.    Orsini e i suoi complici, favoriti dal panico scatenatosi, riescono a fuggire, ma vengono arrestati dalla polizia poche ore dopo, nei rispettivi alberghi.

 
Pur non avendo raggiunto l'obiettivo, l'attentato di Orsini suscita un'enorme impressione nell'opinione pubblica, offrendo all'imperatore l'occasione per attuare una fortissima azione repressiva, ma soprattutto rischia di pregiudicare l'alleanza franco-piemontese che Cavour e Vittorio Emanuele II stanno faticosamente costruendo. I rapporti con la Francia sembrano irrimediabilmente compromessi, quando dal carcere, verso la metà di febbraio, Felice Orsini, senza chiedere la grazia, scrive un'accorata e nobile lettera al sovrano francese. In essa, sconfessando l'assassinio politico, invita Napoleone III a rendere all'Italia quell'indipendenza perduta nel 1849 per colpa dei Francesi.


Processo a Felice Orsini
 

«Sta in poter vostro di fare l'Italia indipendente o di tenerla schiava dell'Austria e di ogni specie di stranieri. Gli Italiani vi chiedono che la Francia non permetta che la Prussia intervenga nelle future e forse imminenti lotte dell'Italia contro l'Austria. Io scongiuro Vostra Maestà di ridare all'Italia quella indipendenza che i suoi figli perdettero nel 1849, proprio per colpa dei Francesi. Rammenti la Vostra Maestà che gli Italiani (e tra questi il mio padre stesso) accorsero a versare il sangue per Napoleone il Grande, dovunque a questi piacque di condurli; rammenti che sino a che l'Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell'Europa e quella vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d'un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre.»

Napoleone III è colpito da questa lettera e ne autorizza la pubblicazione. La  stampa italiana  presenta Felice Orsini non più come un terrorista, ma come un eroe. Cavour coglie allora l'occasione per denunziare il pericolo di nuovi attentati di marca rivoluzionaria, se si trascuri ancora  la causa italiana e convince Napoleone III che l'Italia è una polveriera pronta ad esplodere ed a mettere sottosopra l'equilibrio europeo. Orsini viene ghigliottinato il 13 marzo a Parigi assieme all'amico Pieri. L'imperatore, però, romperà gli indugi ed inviterà Cavour a recarsi segretamente in luglio alle terme di Plombieres, dove si getteranno le basi per la tanto auspicata alleanza franco-piemontese.

     

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